Da Torino alla Provenza con un Burgman 650: diario di viaggio costellato di riflessioni

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Eccomi qua! Finalmente ho ripreso la via in sella al mio Burgman. Il viaggio tanto atteso accarezza la mia anima di viaggiatore. Legati uno all’altra, danno un senso ai miei giorni, per restare vivo sotto il cielo, per andare nel vento che porta con sé sogni e libertà. Almeno quella piccola, minuta e segreta. Gli occhi si gonfiano di immagini, scattano istantanee, una dietro l’altra, come i fotogrammi di un lungometraggio senza finale.

Parto da Torino. Imbocco l’autostrada per Cuneo e poi allungo sulla statale 20 che sale fino al Col di Tenda. Ecco Borgo San Dalmazzo e, più in alto, Limone Piemonte. Scivolo tra le curve, una dopo l’altra, con dolcezza, mi arrampico sugli otto tornanti che terminano la strada davanti al tunnel.

Mentre l’anno scorso avevo scelto il Frejus, lunga serpe che penetra nelle viscere del monte, quest’anno devo optare per la galleria che attraversa il Col di Tenda – più breve, ma ugualmente inquietante. E’ stretta e si percorre a senso alternato. Il transito è regolato da un semaforo e le attese possono durare anche quindici minuti. Una vera sofferenza sotto il sole implacabile di questa fine agosto del 2012. Appena ripresa la via dei tornanti si scende per poi risalire e percorrere la valle stretta che costeggia il torrente Roya. Il panorama è mozzafiato. Si corre lungo pareti a strapiombo. Piú in basso, il torrente disegna le rocce con la sua tenacia. Poche ciance… io ho fame!

Mi fermo a Breil sur Roya. Mi siedo nel dehors di una piccola trattoria. Chiedo una birra gelata alla ragazza che mi serve con gentilezza. Accendo una sigaretta aspettando un’insalatona che si rivelerà più che degna di attenzione.

Poco distante è seduto un clochard. Sta su una panchina. Immobile. Troppo vestito per questo caldo – afoso anche in mezzo ai monti. Ha con sé un rotolo di fogli. I suoi disegni, credo. Ha lo sguardo fisso davanti a sé. Spesso si incrocia con il mio. Cosa ti posso offrire fratello? Come posso… Vorrei… Chi sono io per pensare al tuo destino? Gli darò qualcosa. Mi saluterà con un grande sorriso nascosto dietro un barbone grigio e la sorpresa per il gesto amico inatteso. Non ci incontreremo mai più, qualcosa di me ti ho lasciato. Tu hai fatto lo stesso, a tua insaputa.

Torno sulla strada. Le pareti di roccia che la costeggiano ora scendono quasi a picco sul torrente. Mi riportano indietro nel tempo. Ho percorso molte volte questa statale e, a tratti, rivedo scorci che credevo appartenessero solo al passato. Come quel breve rettilineo che costeggia la ferrovia. Lo percorrevo un venerdì notte a velocità sostenuta. Piovigginava. A un tratto dal buio è spuntato un cane in corsa e solo una frenata decisa mi ha permesso di non investirlo. Se dietro di me fosse arrivata un’altra macchina non lo ricorderei con tanto sollievo.

Il buio si riprende subito il cane. La strada è di nuovo deserta. Rimango qualche istante fermo, ad ascoltare i giri del motore al minimo. E’ strano come certe immagini del passato rimangano nell’album dei ricordi mentre quasi tutto il resto dei giorni si perde, si sparpaglia, precipitando in un libro dalle pagine tutte bianche. Eppure li abbiamo vissuti quei mille risvegli e le sere e le notti. Dove finiscono le memorie delle piccole cose di ogni giorno? Lavarsi i denti è sempre la stessa operazione, ma quanti volti si sono incrociati vivendo, così tanti da non riuscire a contarli. Tutte quelle scene si disperdono nel tempo come le figure grottesche in un quadro di Bruegel. Eppure ognuna appartiene a un ordine preciso, misterioso.

Dall’Italia alla Francia e poi di nuovo dalla Francia all’Italia, fino al casello che saluta Ventimiglia per lasciare il passo all’autostrada verso Mentone. Il caldo è davvero insopportabile. Che sia l’una o l’altra corrente atlantica, certo è che la Terra ha modificato il suo respiro e noi continuiamo a vivere come ieri e ieri l’altro. Chissà cosa sarà domani. L’attesa non è mai cosciente. Qualcosa accade all’improvviso e non sapevamo di aspettarla. Poi ne perdiamo il ricordo per essere presenti a qualcosa di nuovo. In fondo tutto è già stato vissuto.

Continuo sulla autostrada francese. Mentone. Nizza. Monaco. Antibes. Cannes. Basta! Fa troppo caldo… In sella al mio Burgman sembra di guidare infilato in un gigantesco inesorabile mostruoso fon. Esco a Cannes. Troppo traffico, me ne vado verso Grasse, nella terra della lavanda e delle preziose essenze. Già i profumi… Patrick Suskind scriveva “il profumo è il fratello del respiro?” Ci penserò domani. Ora ho bisogno di una doccia e di una birra gelata.

Grasse è a pochi chilometri dal casello di uscita di Cannes Centro. Vado in cerca di un hotel ‘rigorosamente’ con piscina. Giro e rigiro. Di quà di là. Torno indietro. Attraverso il centro. Mi ritrovo fuori. Di hotel neanche l’ombra. Pare che qui ci siano solo residence. Cavolo! Ancora altre strade che girano in tondo. Basta! Giro in direzione Draguignan (?). Magari si trova qualcosa. Nulla e poi ‘sto Draguignan è a 50 chilometri. Meglio tornare indietro, verso Grasse.

Hotel de la poste Grasse ProvenzaAll’improvviso, appena entrato in un paesotto che si chiama Peymeinade, vedo un piazzale alberato davanti a l’Hotel de La Poste. Un due stelle con piscina! Ci sono camere libere. L’albergatore, gentilissimo (credo di origina algerina) me ne mostra due. Mi fa scegliere. Prendo quella d’angolo che dà sul giardino dove si trova la piscina.

I corridoi dell’hotel odorano di pulito, di tintura fresca. L’albergatore mi spiega che lo ha appena rilevato dalla precedente proprietaria e sta ultimando gli ultimi lavori. Il ristorante è ancora chiuso. Esco. Parcheggio a modo il Burgman. Salgo in camera poso la borsa e scendo a bere una Perrier in giardino. Fumo. Smaltisco un po’ di calore accumulato. La piscina mi chiama irresistibilmente. Torno in camera. Infilo il costume e ridiscendo per andare a tuffarmi in piscina. Wow! L’acqua è quasi calda, risente lei pure del calore del sole. Nuoto per qualche vasca. Sto a mollo. Mi rilasso. Rinasco.

La cameretta, piccola piccola, è arredata in stile vagamente moresco, almeno nei tendaggi. Ha anche un balconcino, qui mi siedo e inizio a scrivere queste paginette. Scatto qualche foto.

Dopo una doccia rilassante, esco. Vado a cenare là dove mi è stato consigliato. Il ristorante ‘Le Jardin de Camille’, che si rivelerà una buona scelta. Una niçoise e un filetto di branzino. Due birre e un sorbetto al limone. Che mangiata!

Meno male che devo camminare un pochetto prima di tornare in hotel dove sono ora, sul balconcino, a torso nudo, mentre scrivo queste poche righe sotto un cielo avaro di stelle, il resto è nascosto dall’afa. Ora è buio. Fa ancora caldo… La notte è immobile. Non un rumore dal cielo. Credo proprio che farò un’altra doccia.

Al mattino il gestore dell’hotel mi prepara una sostanziosa colazione alla francese. Caffè pessimo, due meravigliosi croissant (solo in Francia si possono gustare quelli autentici, nella forma e nel gusto), burro, marmellata e addirittura tre tranci di baguette. Tralascio il pane, ma non certo le brioche. Il gestore si chiama Zoubir, avevo ragione: è algerino. Gli chiedo se posso scattare qualche foto nella hall. Ai muri sono appesi vari quadretti di origine marocchina.

Ce ne sono due con dei coltelli tradizionali. Davvero belli. Zoubir mi offre dell’altro caffè. Lo ringrazio per la sua singolare gentilezza. E’ un uomo anziano, ma vigoroso e molto efficiente. Entrambi concordiamo malinconicamente sui tempi che cambiano in peggio il comportamento delle persone, sul come la gentile disponibilità, che mi ha offerto sin dal mio ingresso nel suo hotel, sia sempre meno spontanea. Ci raccontiamo dei rapporti umani tutti oramai centrati solo sull’interesse personale. Anche i sorrisi a volte sono solo meretricio. Sarebbero così semplici l’immediatezza e la sincerità, ma, è risaputo, gli imbecilli si moltiplicano più rapidamente dei sorci. Saluto Zoubir. Mi augura buona strada e contraccambio con un’intesa e un ringraziamento.

Carico il Burgman. Riparto sazio di una serenità sempre più rara di questi tempi. Va custodita gelosamente con cura particolare.

A Grasse si può scegliere tra le proposte di tante e tante profumerie. Alcune risalgono addirittura al 1700. Ognuna offre visite guidate gratuite dei propri laboratori, accompagnati da hostess, preparatissime e capaci in più lingue. Si entra nel mondo incantato dei misteri delle essenze profumate. Alambicchi e provette, bottiglie e aromi che fanno girare il capo.

Mi fermo alla Parfumerie Galimard, che si trova sulla via di Cannes. Scopro che ci si può anche prenotare e iscrivere a dei mini stages di due ore, durante i quali ci si sbizzarrisce nel preparare e scegliere, tra i vari ingredienti, il proprio profumo. Una sciccheria.

Mi limito a scegliere un profumo per mia moglie. Lei gradisce le essenze al garofano e per fortuna le trovo. Bene, ora è il momento di rimettersi in sella alla volta dell’Italia.

Il Burgman si fa docile sull’autostrada. Non corro. Il traffico è intenso e io non ho fretta. Faccio una sosta nell’ultimo autogrill francese prima della vecchia frontiera. C’è un belvedere che domina dall’alto il principato monegasco. Meglio della visione della baia, richiama la mia attenzione una diavoleria di distributore di patatine fritte, fatte al momento. Non ci credo e non ci provo nemmeno.

Mentre ci penso, una coppia in sella a un KTM 990 parcheggia dietro al Burgman. La moto è nuovissima.
– L’ho comprata a marzo e ho già fatto un bel po’ di chilometri.
– Da dove arrivate?
– Dalla Normandia. Un caldo infernale! Addirittura 45 gradi!
– Sì… è davvero insopportabile. Come ti trovi con il KTM?
– Benissimo! E’ andato benissimo, a parte una foratura sui Pirenei. Sai… Abbiamo fatto qualche deviazione…
– Anch’io sono molto contento del Burgman. E’ comodo, veloce, sicuro e poi ha tanto spazio a disposizione. Certo… non è una moto, ma è davvero un buon mezzo.
– Lo conosco. Ce l’ha un mio amico. Ma che c’entra… anche se non è una moto e sei contento…
– Beh… Sì, lo ammetto. Mi piace molto. Però ho l’idea che la moto offra qualcosa in più… Di diverso…

Ci salutiamo. Vorrei dirgli che la mia idea di viaggio è avventura in libertà. Imparare a vedere con occhi diversi il mondo che attraversiamo. Sentire il cielo sopra di sé. Entrare nei giochi del vento. Sentire le braccia e il corpo che dominano la strada.
Me ne vado.

Acc!… Non mi accorgo dell’uscita di Ventimiglia e mi ritrovo, otto chilometri dopo, a Bordighera. Lascio l’autostrada e imbocco la via Aurelia per tornare a Ventimiglia e riprendere la statale del Col di Tenda. Un traffico assurdo mi fa rimpiangere la strada di montagna. Semafori e code infinite mi rallentano, mi sfiancano.

Finalmente intravedo il cavalcavia che segna l’uscita da Ventimiglia. Che caldo…

Per non farmi mancare nulla, mi fermo in una trattoria, prima di inerpicarmi verso la strada del colle. Che meraviglia la frittura mista con il pescato della notte prima! Peccato che non posso bere del vino, così come quel piatto meriterebbe. Mi accontento di una birretta.

Dopo il caffè vedo solo la strada e il monte. Il traffico non è tale da impedirmi di gustare il panorama disegnato dalle rocce. I paesini appoggiati alle pareti sembrano presepi.

Attraverso Breil sur Roya. Mentre sono fermo a un semaforo, scorgo il clochard del giorno prima. Seduto immobile sulla stessa panca. Lui non mi vede. Dentro di me lo saluto e gli auguro migliore fortuna. Poi salgo salgo e di nuovo il tunnel e poi la discesa. Limone Piemonte, Borgo San Dalmazzo ed ecco che all’improvviso si risveglia dietro di me il dio della pioggia. Mi insegue. Come l’anno scorso mi raggiunge e di nuovo, nonostante l’afa, mi scarica addosso il suo dispetto.

Mi fermo sotto un ponte. Indosso l’antipioggia e fuggo via. Anche questa volta ti lascio alle spalle, dio delle tempeste! Il mio Burgman mi porta a un autogrill. Scendo di sella. Mi volto e vedo i nuvoloni neri lontano che mi stanno ancora cercando in mezzo ai monti.

Ormai sono a casa.

Dario Arpaio

2 commenti su “Da Torino alla Provenza con un Burgman 650: diario di viaggio costellato di riflessioni”
  1. Rocco ha detto:

    Leggendo il diario di viaggio ho vissuto bellissime sensazioni: mi sembrava quasi di viverlo in prima persona. Sono anch’io un motociclista (purtroppo “della domenica”, e solo quando posso); riconosco queste sensazioni:……uniche!
    Bravo Dario Arpaio. Complimenti e… al prossimo viaggio!

  2. Dario ha detto:

    Grazie ! sono contento ti sia piaciuto il raccontino. Il viaggio è qualcosa che ci fa esplorare prima di tutto noi stessi …
    Kerouac diceva (…più o meno…) : si deve partire ! non importa per dove, l’importante è arrivare…
    ciao !
    Dario


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