Sei nazioni, quando il rugby vuol dire turismo
Di Daniele GrattieriLa palla ovale veicolo di cultura, turismo e tradizioni differenti. Il Sei Nazioni è un appuntamento fisso, che coinvolge sempre più persone in giro per l’Europa. Non solo appassionati di rugby, ma anche curiosi che frequentano gli stadi e restano fortemente colpiti dal coinvolgimento e dall’atmosfera che probabilmente solo la palla ovale riesce a dare. Non è solo questione di sport, di fede sportiva, di vittoria del team per cui si simpatizza.
Il Sei Nazioni è terzo tempo, è familiarizzare con i tifosi della fazione avversa che hanno sfidato maltempo e distanze per essere presenti, è caricarsi con gli inni nazionali. Murrayfield, Aviva Stadium, Principality Stadium, Twickenham, Stade de France e Stadio Olimpico sono le tappe di questo speciale tour che emoziona ed appassiona. Ogni anno sono migliaia gli europei che trascorrono le giornate del Sei Nazioni lontano da casa. Ne sa qualcosa Roma, recentemente invasa dai tifosi gallesi e da quelli irlandesi. Poco importa, poi, se il risultato sul campo non premia un’Italia che potrebbe portare a casa l’ennesimo cucchiaio di legno di questa competizione, poco importa se il movimento rugbistico azzurro non riesce a competere con quello di altre nazioni maggiormente accreditate. Il rugby è diventato un trend, un movimento capace di creare indotto anche ai tessuti cittadini, di abbinare una giornata di sport con una visita turistica.
La redazione di Bwin ha analizzato l’evoluzione dei match del Sei Nazioni dal 2000 in poi, combinando questi dati di “atmosfera” a quelli del costo della vita di ogni città coinvolta nell’edizione 2017. La “tana” della Scozia è il “Murrayfield” di Edimburgo, struttura che può ospitare fino a 67.800 spettatori. Nonostante un numero considerevole di posti a sedere, l’atmosfera scozzese non è delle migliori: sono appena 38,2 i punti segnati, con poco più di 3 mete a gara e un solo titolo assegnato. Nonostante lo scarso “appeal” sportivo, però, Edimburgo è tra le città meno costose, visto che per un pacchetto completo si spendono circa 168 euro per una due giorni all’insegna del rugby.
Spostandoci di qualche chilometro più a sud, si arriva a Dublino, sulle rovine del “Lansdowne Road” si erge il primo impianto per capienza dell’Irlanda non dedicato agli sport gaelici. La Dublin Aviva Arena può ospitare fino a 51.700 spettatori, che però raramente possono assistere ad uno spettacolo degno di nota. Nonostante i 4 titoli del Sei Nazioni assegnati e il Grande Slam completato, lo stadio irlandese può vantare un tasso di punti gara di 42, a fronte di poco meno di 4 mete segnate e del 42% dei match terminati con meno di 7 punti di scarto. L’Irlanda resta però la meta più alla portata di ogni tasca, con costi che partono da 163 euro.
Restando nel Regno Unito, il trionfo dell’atmosfera rugbistica è il mantra del Principality Stadium, meglio conosciuto come il Millenium Stadium. A Cardiff si segna più che in altri stadi, e sono stati assegnati 6 titoli a fronte di ben 4 Grandi Slam completati. Nella media anche il costo della trasferta: escludendo i prezzi dei biglietti, in Galles si spenderanno meno di 170 euro per la trasferta. Chiude il tour degli stadi britannici lo stadio che è stato ribattezzato “La cattedrale del rugby”. A pochi passi dal Tamigi, sorge lo spettacolare Twickenham Stadium, che può ospitare anche 82.000 tifosi. Chi sceglie l’Inghilterra per la propria trasferta all’insegna del terzo tempo non rimarrà certo deluso dallo spettacolo, visto che non mancano punti e mete segnate, ma pesa la mancanza di assegnazioni di Grandi Slam e una sola vittoria del Sei Nazioni. Dal punto di vista turistico, poi, Londra offre tante attrazioni, ma si distingue per i costi più alti dell’intero lotto.
Oltrepassando la Manica, il tour si ferma a Parigi. Nel quartiere di Saint-Denis si erge lo stadio più grande dell’intera nazione. Lo “Stade de France” è stato inaugurato nel 1998 con il campionato del mondo di calcio e il trionfo dei “galletti” guidati da Zidane, ma da allora ospita sia la nazionale maggiore di calcio sia i “cugini” del rugby. La struttura, che può ospitare fino a 81.338 spettatori, è saltata recentemente agli onori della cronaca per gli attacchi kamikaze perpetrati nell’antistadio. Nonostante le circostanze, Parigi regala grande atmosfera, giustificata dal grande numero di match chiusi con il minimo scarto e dai tanti titoli assegnati. A fronte di uno spettacolo garantito, Parigi offre però poche opzioni economiche, soprattutto per quel che concerne gli hotel, ma la sua media resta comunque inferiore a quella di Londra.
Si ferma invece a 72.698 posti a sedere lo Stadio Olimpico di Roma, teatro dei match casalinghi di Roma e Lazio e di una tappa del Golden Gala. Con il rugby, la capitale romana ha un rapporto “controverso”. Flaminio e Olimpico ospitano ben volentieri il movimento turistico generato dalla palla ovale, anche in considerazione dei prezzi alla portata di tutti. Le bellezze artistiche di Roma fanno il resto, rendendo l’Italia una delle mete preferite per le tifoserie ospiti. Valenza doppia ha poi la resistenza a fasi alterne di Parisse e compagni, che hanno reso l’Olimpico un fortino non certo inespugnabile. Ed è per questo che in Italia si segna molto e si realizzano molte mete, ma finora non sono stati assegnati titoli e non sono stati completati Grandi Slam. In ogni caso, Roma resta la meta preferita dei tifosi, con il suo mix di sport, tradizioni e cultura.
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