Principali tappe di un viaggio in Mongolia

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La Mongolia è una terra che da sempre affascina il turista alla ricerca di orizzonti sconfinati: è un paradiso di storia e biodiversità che conquista nuovi turisti (circa 20.000 italiani in media negli ultimi anni). La Mongolia piace ai viaggiatori amanti dei grandi spazi, attirati qui dall’emozione di una forte, ancora incontaminata e dalla scoperta della fierezza di una cultura millenaria. Qui il cielo è il regno delle aquile, degli yak e dei cammelli battriani, degli allevatori di cavalli, tra gli orizzonti infiniti dei deserti e delle steppe .

La Mongolia, situata dell’Asia Centrale stretta tra Russia a nord e Cina a sud, è una terra di estremi, dove la natura e i suoi abitanti vivono da secoli in perfetto equilibrio. Il paese ha un’estensione pari a cinque volte quella dell’Italia, ma è abitato da appena 2.700.000 abitanti: una densità di popolazione tra le più basse al mondo. Un viaggio in queste terre richiede una buona dose di capacità di adattamento.

Non è semplice arrivare in Mongolia dall’Italia: bisogna affrontare un lungo viaggio in aereo con vari scali, oppure si può prendere la mitica Ferrovia Transiberiana, che fa tappa nella capitale Ulan Batar. Questa città è un punto di osservazione speciale, in cui convivono antica e nuova Mongolia. Nella piazza principale si trova la statua del leggendario condottiero Gengis Khan, orgoglio dell’identità nazionale che vigila sull’effervescente vita cittadina: dalle strade dello shopping ai costumi tradizionali, fino agli speciali spettacoli teatrali che mescolano danza musica e contorsionismo – che sono una summa della cultura locale e non solo un’attrazione turistica.

Da visitare anche il Palazzo del Bogd Kahn, dimora dell’ultimo teocrate, che ha padiglioni con dipinti buddisti e mobili antichi, oltre a un negozio di artigianato (soprattutto indumenti di cashmere) e antichità.

Altra tappa importante è il Museo di Storia Naturale, noto per la sua collezione di uova e scheletri di dinosauro.

Una passeggiata nel cuore di Ulan Bator riserva anche momenti in oasi di pace, come il monastero di Gandan che in lingua locale significa “luogo dello spirito”. E’ una città nella città, in stile mongolo-cinese, un complesso di monasteri lamaisti (così si chiamano i buddisti del Tibet e della Mongolia) dove la mattina si può assistere a funzioni religiose cantate. I monaci sopravvissuti all’era comunista sono appena una ventina: un tempo erano almeno ottocento.

Un’altra città importante è l’antica capitale di Kharakhorum, dove si visita il monastero Erdene Zuu, che al mattino ospita una cerimonia cantata e la sera una celebrazione della cultura mongola con concerti, lotta e tiro con l’arco. Qui è anche il luogo in cui si possono acquistare interessanti oggetti di artigianato (collane di turchesi, pelletteria, oggetti in bronzo e legno dipinto, statue del Buddha). A nord di Kharakhorum, si scopre la valle dell’Orkhon, con praterie color verde smeraldo punteggiate di tende e percorse da cavalli allo stato brado. Nell’area ci sono una fonte termale e siti archeologici con steli funerarie.

E poi si può partire per visitare il territorio, sconfinato. Pochissime sono le strade carrabili, le distanze sono enormi: bisogna viaggiare in fuoristrada su piste in terra battuta. Si può marciare per ore senza incontrare anima viva – ma totalmente ripagati dall’unicità del paesaggio: i grandi parchi nazionali, chilometri e chilometri di dolci colline, foresta e arida steppa. Non ci sono alberghi, ma si può far sosta e dormire secondo i costumi del posto nelle yurte o gher, le tende dei nomadi in feltro e legno.

In queste strutture circolari di 20 metri quadri arredate con stufe, letti e mobili in letto dipinto si apprezzerà la rinomata ospitalità mongola. Infatti, le sono spartane ma hanno una loro eleganza. I bagni sono in comune, ma hanno l’acqua calda. Molti campi offrono anche la possibilità di noleggiare dei cavalli, gli animali che più di tutti simboleggiano l’identità nazionale (ve ne sono ben 4 milioni nel paese). All’arrivo nelle tende i nomadi offrono agli ospiti yogurt caldo o tè al burro di yak. Importante rispettare le regole tradizionali delle tende: l’ingresso è sempre a sud e le donne devono sistemarsi a est (ovvero a destra della tenda), mentre gli uomini a ovest (cioè a sinistra).

Chi volesse visitare il Deserto del Gobi, all’estremo sud del paese, deve prendere un aereo per Dalanzadgad e poi raggiungere la Valle di Yol, una gola dove nidificano le aquile e si vedono marmotte, yak e capre selvatiche. Si prosegue poi per Khongoriin Eis, un lungo cordone di dune dorate alte fino a 200 metri. In giugno tra la sabbia fioriscono gli iris e il deserto si colora di blu. Altra tappa importante è Bayan Zag, un canyon che si tinge di rosso al tramonto: qui nel 1921 fu scoperto il primo giacimento al mondo di uova e scheletri di dinosauri. Più a nord si visitano i resti del monastero di Ongiin Hii.

La stagione turistica ideale per la Mongolia va da giugno a settembre, quando le temperature oscillano tra 5 e 25° C. In ogni caso serve un abbigliamento da montagna. Ai turisti italiani viene richiesto un visto, rilasciato dal consolato di Torino. Sul sito mongolia.it troverete ogni altra informazione necessaria per visitare il paese.


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