La Città Proibita e quel che resta dell’antica Pechino

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Poche città al mondo stanno cambiando sotto gli occhi dei residenti e dei turisti al ritmo di Pechino, che in cinese si chiama Beijing. In questi ultimi decenni la città ha visto l’apertura di un infinito numero immensi cantieri dove si grattacieli che pian piano vanno a sostituire gli ultimi isolati degli hutong (gli stretti vicoli) e le siheyuan (case quadrate con una corte centrale). Nei parchi si stanno riqualificando i vecchi canali, ripavimentando le passeggiate, costruendo ponticelli e panchine in stile liberty, seminando aiuole ben curate. Si pensi che per le Olimpiadi del 2008 la città è stata rifatta quasi all’80%. Nel frattempo è divenuta più efficiente e pulita, ricca di stadii e impianti sportivi futuristici, un teatro lirico nazionale progettato da Paul Andreu (foto in basso), il più grande aeroporto del mondo (progettato da Norman Foster secondo le regole del feng shui), ultramoderni palazzi della finanza e uffici delle grandi corporation e doppia segnaletica in cinese e inglese. Tante boutique eleganti, ma anche negozi pieni di falsi di abbigliamento e accessori di tutti i tipi. Pechino ha un grande fascino, ma resta una città caotica, e soprattutto una delle dieci città più inquinate al mondo, nonostante il fatto che una massa di persone si sposti ancora in bicicletta.

La pianta della metropoli è un immenso quadrato che si sviluppa partendo dal cuore antico della Città proibita e suddiviso in sei anelli cittadini, ovvero dai quartieri delimitati mega-autostrade a sei corsie.

Il primo anello è solo virtuale, nel senso che è costituito dalle mura recentemente rifatte della città imperiale. Alla Città proibita – patrimonio UNESCO – si accede anche dalla monumentale Piazza Tiananmen, su cui si affacciano i palazzi del potere. Nell’immaginario collettivo questa è e sarà sempre soprattutto la piazza in cui l’esercito cinese, nel giugno 1989, dopo aver percorso l’arteria Changan Jie, sparò contro gli studenti in atto di protestare contro il regime comunista. La Città proibita è il palazzo-città delle dinastie imperiali Ming e Qing. Ha un’estensione enorme (720.00 metri quadrati), con 800 edifici tra cui templi e padiglioni, per un totale di 8886 stanze. Una visita richiede almeno una giornata intera e a dire il vero l’esplorazione risulta un po’ ripetitiva. Comunque si tratta di un complesso impressionante, sempre traboccante di turisti. Qualcuno ha detto giustamente che, per la sua vastità, la Città è più “proibitiva” che “proibita”.

Il secondo ring è quello che racchiude la Pechino di Mao e quella storica. Qui si trova il Tempio del cielo, un complesso di edifici taoisti la cui costruzione iniziò nel 1420: al solstizio d’inverno l’imperatore con il suo seguito si stabiliva all’interno dei palazzi per pregare per un buon raccolto. Alle spalle della Città proibita, vale una visita il parco di Jingshan, che include una collina del quale si può ammirare la distesa dei palazzi imperiali, con padiglioni, giardini, tetti gialli, laghetti: un’immagine indimenticabile.

Il terzo anello rappresenta la Pechino dopo le riforme di Deng Xiaoping e l’apertura verso il capitalismo: questo è il business district, con i grandi hotel appartenenti catene internazionali e i primi grandi palazzi che furono costruiti nella capitale cinese.

Il quarto anello è quello che contiene il villaggio olimpico, la cittadella dell’arte e i nuovi agglomerati urbani che vanno a sostituirsi ai casermoni cinesi.

Il quinto anello e il sesto anello sono quelli del futuro: ospitano le fabbriche delle multinazionali e i villaggi residenziali e sono assai poco cinesi.

Oggi come oggi, Pechino offre di tutto: shopping, gallerie d’arte, divertimenti notturni di ogni tipo. Per non parlare del cibo – straordinariamente gustoso, e molto economico: nulla, ma proprio nulla a che fare con la cucina cinese che si può assaggiare in Italia.

Certo la vecchia Pechino non c’è più e non sono pochi quelli che la rimpiangono: i vicoli, le abitazioni a corte, l’insieme urbano frammentato da mura, porte, cortili, bastioni, pagode – una città che per molti versi era rimasta ancora molto simile ai tempi del feudalesimo. Ormai Beijing è la metropoli dell’era della globalizzazione per antonomasia.

Ma per chi non ha nostalgie o ha conosciuto solo la città moderna, può davvero dire che a Pechino, a parte il cielo pulito, non manca praticamente nulla.


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