Singapore: la porta del Sudest asiatico

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La maggior parte dei voli diretti nel Pacifico Meridionale fa tappa a Singapore. Un’isola di appena 618 metri quadrati, della quale colpiscono subito la fitta vegetazione tropicale che si alterna ad ampie e autostrade, copiosi grattacieli e modernissimi centri commerciali. Molti, già che ci sono, fanno tappa e passano due o tre giorni nella città-stato, soprattutto per fare shopping di altissima qualità e deliziarsi in eccellenti ristoranti (famosi soprattutto quelli di Clarke Quay). Anche chi avesse solo Singapore come meta del suo viaggio troverà gran numero di voli a prezzi relativamente convenienti. Pure i trasporti all’interno della città sono efficienti e poco costosi e ci si può permettere di spostarsi anche in taxi senza svenarsi.

Per capire qualcosa di Singapore bisogna conoscere almeno un po’ della sua storia. Eccola: c’era una volta, agli inizi del XIX secolo, sulla punta della Penisola Malese una desolata isola tropicale coperta da una fitta giungla umidissima e abitata da pochi pescatori malesi e da un manipolo di pirati che depredavano le navi provenienti dall’India, dalla Cina e dall’Europa che passavano per lo stretto di Malacca. Quest’isola aveva due principali pregi: era un fenomenale porto naturale e si trovava in una posizione geografica strategica, essendo equidistante da Calcutta e da Canton, i due più importanti centri commerciali d’oriente. Ecco perché l’inglese Sir Stamford Raffles decisa di stabilire qui una base commerciale per la Compagnia Inglese delle Indie Orientali, che di lì a poco divenne una delle più fiorenti colonie dell’Impero britannico.

Gli inglesi chiamarono l’isola Singapore, anglicizzando l’antico nome Singa Pura, che in sanscrito significa città del leone. Raffles fondò la città-stato sul principio del libero commercio. E il suo rapido e inarrestabile sviluppo la fece diventare uno degli avamposti commerciali più dinamici e importanti dell’Impero, una vera e propria calamita per migliaia di mercanti e migranti provenienti da ogni luogo dell’Asia e del Medio Oriente che decisero di stabilirsi qui.

Nel 1942 la pace e la prosperità di Singapore furono mandate in frantumi dall’invasione giapponese dell’isola, che durò per fino al 1945. Dopo la guerra Singapore tornò a essere una colonia britannica fino al 1959, quando si dichiarò Repubblica indipendente. L’inglese resta comunque la lingua ufficiale, insieme a cinese mandarino, tamil e malese.

Ora che siamo più informati sulla storia di questa minuscola nazione ci spieghiamo meglio le caratteristiche che saltano subito all’occhio nel visitarla: si tratta di un grande crogiolo culturale in cui si mescolano molte etnie e identità diverse (principalmente cinesi, ma anche arabi, armeni, indiani, malesi e britannici) che da sempre sono capaci di vivere in un’atmosfera di estremo rispetto reciproco e ammirevole solidarietà. Nonostante la posizione geografica, notiamo un approccio molto occidentalizzato alla vita quotidiana, e una passione che prevale su tutte: gli affari, il business, fare più soldi possibile, insomma.

Un’altra caratteristica della vita a Singapore è la rigorosa etica del lavoro (di certo imparata dal Confucianesimo) che si accompagna a uno spiccato conformismo e a una rigida osservanza delle regole. Fattori che portano come gradevole conseguenza un altissimo standard di sicurezza, con ordine e pulizia portati agli estremi termini: per le strade niente immondizia, non si può fumare, né sputare e neppure masticare chewing gum! Guai anche a chi attraversa la strada fuori dalle strisce pedonali e via di questo passo. Caratteristiche che hanno contribuito a creare lo stereotipo di Singapore come una città efficiente, ma un po’ sterile e materialistica; secondo altre opinioni, invece, questa è “la Svizzera d’Oriente”. E qui lasciamo a voi il giudizio.

Che cosa bisogna vedere quando si visita Singapore?

* Sicuramente, il leggendario e lussuosissimo Raffles Hotel, una vera pietra miliare del passato coloniale britannico, conservato con cura maniacale nel suo aspetto originario e tanto diverso dagli efficienti e anonimi hotel delle catene commerciali. Inizialmente l’albergo aveva la funzione di “centro per la socializzazione” dei primi coloni e delle loro famiglie, ma in seguito divenne un luogo di estrema importanza per le vicende storiche, economiche e culturali dell’isola. In questo hotel uomini d’affari, re, imperatori, sultani, marajà e primi ministri si sono trovati gomito a gomito con importanti scrittori (come Conrad, Kipling, Somerset Maugham e Sir Novel Coward), stelle del cinema o della musica. Una curiosità: in un bar di questo hotel è stato inventato il famoso cocktail Singapore Sling.

* La cabinovia che porta da Mount Faber all’isola di Sentosa, sperando che il tempo sia clemente con voi (a Singapore piove moltissimo!). In ogni caso, l’escursione offre una vista fenomenale di Singapore e del porto mercantile: le migliaia di container ammassati vi sembreranno dei mattoncini Lego uno sull’altro. Dalla stazione di Sentosa potrete fare una lunga passeggiata tra giardini lussureggianti, ponticelli e passerelle che vi portano fino al Merlion, una gigantesca statua a forma di leone ma con la coda di sirena, da sempre emblema di Singapore. Si può salire fino alla testa della statua, da dove il panorama è davvero impareggiabile.

* I Tiger Balm Gardens (o Haw Par Villa) costruiti dal produttore del celeberrimo ‘balsamo di tigre’, sono pieni di variopinte statue orientali veramente kitsch, che divertono o inorridiscono i visitatori, a seconda dei gusti e dell’umore della persona in un determinato giorno. Non sono molto reclamizzati tra i turisti occidentali, ma valgono una visita.

* Il Parco/Giardino botanico, curatissimi e brulicanti di famiglie. Un vero Eden, soprattutto il giardino delle orchidee, stupendo.

* Infine, semplicemente, una camminata nelle stradine secondarie rispetto all’arteria principale, Orchard Road, anche nota come Orchard tout court, che è la principale via dello shopping. Deve il suo nome agli alti alberi di noce moscata da cui è adornata. Nelle viuzze si godono pienamente i colori e il trambusto dei vari distretti: Little India, Arab Street, quel che resta di Chinatown con piccoli templi, Buddha giganti nei negozi, bancarelle di cibo e frutta, mercatini e artigiani di ogni tipo.


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