Hong Kong, la metropoli sospesa tra oriente e occidente
Di Nicoletta A.Hong Kong è descritta da chi l’ha vista e chi l’ha vissuta come un ponte tra est e ovest; infatti – in questa regione parzialmente indipendente incastonata nel territorio cinese, costituita da una piccola minuscola penisola e 236 isole del mar Cinese meridionale – le culture occidentali e orientali si mescolano nella frenesia della routine quotidiana.
Anche Central, la parte più occidentalizzata, vanta le caratteristiche di melting pot: scritte in cinese, negozi di artigianato, zampe di gallina che spuntano dalle vetrine dei ristoranti (si mangiano!), magari proprio di fianco ai negozi della catena americana Starbucks. Le impalcature dei grattacieli sono fatte di bambù, come detta la tradizione. E capita spesso che gli edifici moderni, nuovi di zecca, si trovino di fianco a palazzi vecchi; i tanti professionisti in giacca e cravatta o tailleur vanno al lavoro attraversando i parchi dove gli anziani eseguono esercizi di tai chi, l’arte marziale cinese dai movimenti aggraziati e dalle origini antiche.
Ed è proprio per capire l’essenza di questa metropoli che dobbiamo introdurne la storia: Hong Kong venne consegnata agli inglesi quando ancora era un agglomerato di villaggi di pescatori; tornò in mano alla Cina nel 1997, con status di regione amministrativa speciale, a seguito di una cerimonia importante a cui presero parte l’allora presidente cinese Jiang Zemin e l’ex primo ministro Tony Blair.
Hong Kong si articola in tre nuclei principali: Lantau Island, Hong Kong Island e la penisola di Kowloon. Come dicevamo, le due culture convivono ma, in una grande metropoli come Hong Kong, si rubano spazio, con l’isola (Hong Kong Island) che è più simile al nostro Occidente e la terraferma che diventa sempre più cinese man mano che ci si allontana dalla costa.
Mong Kok è forse il quartiere simbolo di Hong Kong; caotico fino a tarda notte, è una giungla d’asfalto, con insegne al neon che spuntano ovunque, grandi centri commerciali moderni a due passi da ristorantini tradizionali affacciati in strada.
Vale la pena menzionare la status “privilegiato” di cui gode Hong Kong rispetto alla madrepatria cinese: la libertà di manifestare la propria religione è tutelata dallo statuto speciale di Hong Kong: per questo templi e altri edifici religiosi si trovano sparsi per tutta la città. Non è raro vedere studenti e manager che accendono bastoncini di incenso accanto ad anziani cinesi che portano ortaggi e frutta come offerta votiva. La moschea più grande della città si trova a Tsim Sha Tsui, il primo quartiere della penisola di Kowloon affacciato sulla costa. Abbondano le botteghe degli indovini in cui gente di ogni estrazione sociale va a farsi vaticinare il futuro – finanziario o agricolo, poco importa.
Hong Kong ha un’altra particolarità che la differenzia dalle grandi metropoli occidentali: bastano poche decine di minuti di viaggio per passare dal caos del centro sovrappopolato al silenzio più totale e alla natura più selvaggia. Dal porto principale, quello da cui si ammira il famoso skyline, si prendono i traghetti che portano a Lamma Island, tranquilla e pittoresca isola di pescatori.
Hong Kong è una città di passaggio per viaggiatori e businessman; per certi versi la porta che porta gli occidentali nell’Estremo Oriente. Anche la sua offerta gastronomica stupisce i visitatori: qui è possibile assaggiare tutti i tipi di cucina cinese: la pechinese (che predilige pasta e ravioli e cotture leggere), quella piccante e speziata del Sichuan e quella di Shanghai, ricca di pesce e frutti di mare.
Che cosa si può acquistare di caratteristico a Hong Kong? Chincaglierie di ogni tipo, se siete amanti del kitsch. Oppure wok (con l’apposito anello da appoggiare sul fornello) per continuare a cucinare alla cinese anche una volta tornati a casa, bellissimi mestoli in acciaio e legno, bilancine per misurare gli ingredienti e le spezie in cucina. E poi vasetti di zenzero, o la caratteristica salsa Xo, a base di frutti di mare essiccati.
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