Montefabbri, il borgo fuori dal tempo nelle Marche

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MontefabbriSe, come diceva Ezra Pound, «il Rinascimento non è un’epoca ma un temperamento», nella qualità di vita di alcuni borghi del Montefeltro si può sperare di ritrovarlo. Chi da Urbino vuole raggiungere Pesaro può seguire l’antica Strada consolare romana: circa a metà strada vale la pena fare una sosta nella frazione Montefabbri di Colbordolo che si trova sul versante opposto del monte di Colbordolo.

Montefabbri dista circa 24 km da Pesaro e dal 2006 questo paese, dove il tempo sembra essersi fermato, fa parte del Club dei Borghi più belli d’Italia.

Un piccolo borgo racchiuso tra le alte mura medievali, un nugolo di casette di campagna strette le une alle altre, un arco sotto cui era posto il ponte levatoio e la pieve del VII secolo dedicata a San Gaudenzio ne fanno un tranquillo paese fuori con atmosfere d’altri tempi. La Pieve con un imponente portale e una torre campanaria straordinariamente melodiosa e suggestiva, che rintocca sulle note sol-la-si-re. All’interno una delle più affascinanti collezioni di scagliole (decorazioni in stucco) delle Marche, una meravigliosa testimonianza di un artigianato povero che qui si lega alla religiosità più profonda tipica dei piccoli paesi.

Questo delizioso borgo nel 1343 ha dato i natali al Beato Giansante Brancorsini di Montefabbri, più noto come Beato Sante, il cui santuario a Mombaroccio è oggetto di numerose visite e pellegrinaggi. Secondo un’antica tradizione il Beato Sante sarebbe stato battezzato proprio nel fonte battesimale della chiesa di S. Gaudenzio, mentre la cripta conserva le reliquie della patrona S. Marcellina, donate da Papa Alessandro VII Chigi. Montefabbri la festeggia l’ultima domenica di luglio.

Tra le specialità enogastronomiche della zona, non si può dimenticare di assaggiare un’appetitosa crescia immancabilmente farcita con salumi o formaggi accompagnata dalla DOC dei Colli Pesaresi, rigorosamente estratta da vitigni Sangiovese o Montepulciano. AAnche la crescia richiama i tempi andati perché in passato si faceva ogni volta che si infornava il pane ed è una sfoglia che, come l’analogo crostolo urbinate, ricorda la più nota piadina romagnola.

Silvia

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