Le meraviglie di Angkor, in Cambogia

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Angkor è la perla più splendente dell’arte e della spiritualità del sudest asiatico, abbandonata nella giungla cambogiana vicino all’immenso lago Tonle Sap. Questa antichissima città fu la capitale del regno Khmer e per ben sei secoli (dall’802 al 1431) sviluppò uno stile architettonico non solo di incomparabile bellezza, ma la cui armonia non aveva nulla a che vedere col resto dell’Asia.

Le rovine che si possono visitare ora, volendo anche in bicicletta, sono ben 400 monumenti, il frutto di un accurato lavoro archeologico. Angkor, infatti, una volta abbandonata dalla corte reale, fu quasi fagocitata dalla natura, alberi alti centinaia di metri si avvilupparono come piovre trapassando i muri, scoperchiando i tetti, occultando tutto e la sua riscoperta fu opera di geografi e viaggiatori che iniziarono a interessarsi di storia Khmer solo nella seconda metà dell’Ottocento.

Ciò che stupisce maggiormente di tutto il complesso di Angkor è che ogni rovina è diversa dall’altra. Alcuni templi ed edifici sono stati riedificati in toto, rimettendo accuratamente una pietra sull’altra; altri sono stati lasciati di proposito così come erano stati trovati: a volte un cumulo di macerie, a volte ricostruiti ma con un fico strangolatore – che da una parte ha distrutto e dall’altra fa parte della struttura sorreggendola.

Quando si parla di Angkor la prima immagine che ci viene in mente è Angkor Wat (non a caso è la prima foto di questo post, e ne abbiamo nei nostri archivi un’altra bella veduta): una struttura imponente, un immenso palazzo, che si rispecchia nei laghetti all’interno delle mura. Le inconfondibili torri, i porticati, le apsara (danzatrici celesti) finemente scolpite che adornano le colonne, i bassorilievi che raccontano la storia del Mahabharata, i sacri principi indù cui i sovrani si ispiravano affermando la nobiltà della dinastia.

IMGP0371Certo, Angkor Wat è il sito più rappresentativo, tuttavia il Bayon è un tempio che vi lascerà senza fiato, per lo stupore, l’emozione e forse anche per un po’ di claustrofobia. Da lontano, infatti, sembra solo un’enorme montagna di pietra dai contorni non ben definiti. Non appena vi avvicinate scoprite che quei profili sono di fatto dei profili umani, dei volti sorridenti, dall’espressione rassicurante, ma che può cambiare a seconda della luce e dell’angolatura. L’interno, invece, è un labirinto di corridoi angusti dove nidificano i pipistrelli, di terrazze, di gradini, di statue di Buddha.

Cosa dire invece del Ta Prohm? È due volte un salto indietro nel tempo: possiamo vedere come era all’epoca in cui fu eretto e come fu ritrovato all’epoca in cui tutta la città di Angkor giaceva tra i rampicanti, soffocata dai fichi e dai muschi. Oggi Ta Prohm è una vera e propria rovina rispetto agli altri siti, ma conserva la sua particolare suggestione.

Certo, la Cambogia non è solo Angkor, ma è soprattutto Angkor.


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