Castelvecchio Subequo, ovvero l’Abruzzo che non si è lasciato intimidire

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Castelvecchio Subequo

Anche il piccolo comune di Castelvecchio Subequo (nella foto) ha sussultato violentemente la notte del 6 aprile 2009. Si tratta di un centro abitato situato a 60 chilometri da L’Aquila, dietro lo schieramento di pale eoliche di Collarmele, oltre il passo di Forca Caruso. E’ uno dei tanti paesini custoditi dal parco del Sirente-Velino in una valle costellata di borghi scolpiti nella roccia che, arrampicati in posizione panoramica, si sfidano in una quiete apparentemente esanime, avvolti dalle pagine di un fascinoso passato.

La tragedia che ora si aggiunge alla lunga memoria storica del paese ha comunque testimoniato un coraggio sorprendente. In attesa degli aiuti, Castelvecchio ha resistito per ben tre giorni contando solo sulle proprie forze con incredibile spirito comunitario, un valore che per queste realtà è il collante della vita sociale.

Da quel giorno nemmeno le festività hanno rallentato le attività del Sindaco e dei Vigili del Fuoco di Bari, perché le verifiche di agibilità erano urgenti, e gli sfollati una priorità. La partenza degli ultimi mezzi di soccorso echeggia ancora tra i pendii brulli delle montagne e le vecchiette stringono il fazzoletto alle tempie, intirizzite dal freddo dei primi giorni e soprattutto dal ricordo che riaffiora. Ma nei racconti paesani, la paura è l’humus di una straordinaria organizzazione spontanea che ha visto tutti prodigarsi in turni di cucina e assistenza, con la marziale coordinazione di un alveare. “Siamo fatti così” sorride Vittorio, “dopo quello che è successo, non si è ancora sentita una persona lamentarsi.” Saper canalizzare lo sgomento nell’impeto altruista è una delle virtù di questi abruzzesi.

A sera la gente si raduna in piazza, al cospetto del campanile di San Francesco costretto da una gabbia di lacci. Gli occhi rivolti alla cima, ma il pensiero altrove. Una miscela di preoccupazione e ammirazione per l’eredità di questo popolo, che non risiede solo nelle case. Fino a qualche mese fa, sotto lo sguardo inorgoglito dei castelvecchiesi, il patrimonio storico-artistico con i preziosi affreschi giotteschi dedicati al pellegrino di Assisi non era passato inosservato all’olfatto di turisti esperti, che lì avevano avviato una timida esplorazione domenicale.

Ogni estate, poi, la vocazione turistica del paese  trionfava col tripudio di saperi e sapori nella manifestazione “Arti e Mestieri a Palazzo“. Con fiducia nelle proprie radici, Antonietta e Leandro avevano scelto di rimanere e formare una famiglia. Avviato l’unico ristorante locale, la coppia si destreggia con bravura tra piatti tipici e sfiziosi dolci fatti in casa, trattenendo l’apprensione per il futuro in un bonario sorriso.

Oggi il campanile di Castelvecchio Subequo non è solo un torrione pericolante: impersona la collettività, stretta di fronte al sollievo di potersi riconoscere e alla speranza, forte della propria tenacia ancestrale. Il ritorno alla normalità è l’erba medica per la ripresa sociale ed economica di un luogo in via di guarigione dallo spopolamento.

L’abbraccio di Ermelinda è serrato e vigoroso, incapace di reprimere la gioia di fronte a nuovi visitatori. “Non dimenticare la firma sul libro ospiti!”, dice brandendo opuscoli da ogni angolo. La minuscola Pro Loco è l’orsetto nell’oziosa famiglia di marsicani, e la sua posizione vicino al centro paesano stilla il turismo come l’asso pigliatutto nella partita del domani.

Quante monetine sono state gettate nel pozzo dei desideri per incoraggiare una rinascita post-terremoto! Ora è il momento. Il turismo è la risposta concreta. L’invito non è rivolto solo alle celebrità, è per tutti. Basta informarsi. L’attività ricettiva pubblica e privata della provincia aquilana soffre ma non è crollata, anzi. Si è aggrappata al proprio ruolo con maggiore dedizione, fiera della propria gente, sempre consapevole della qualità che quella terra nutre. E vuol parlare di sé. Di archeologia, storia, tradizione e natura: l’orto aquilano offre la più alta varietà di prodotti, che gli abruzzesi innaffiano di unicità.

Questo il sito del Parco Sirente-Velino.

Luciana S.


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